Ci sono novità significative nel caso del delitto di Garlasco, avvenuto il 13 agosto 2007, che potrebbero riaccendere l’interesse su un omicidio che ha profondamente colpito l’Italia. Gli inquirenti stanno attualmente esaminando con attenzione cinque reperti precedentemente trascurati. Questi elementi potrebbero rivelarsi determinanti per identificare l’assassino di Chiara Poggi, la giovane vittima di questa tragica vicenda.
Le unghie di Chiara Poggi
Le unghie di Chiara Poggi, la cui morte ha scosso la comunità di Garlasco, sono state analizzate dai Ris di Parma. La prima analisi, condotta nel novembre 2007, non aveva rivelato profili maschili né tracce di aplotipo Y. Tuttavia, durante il processo di appello bis contro Alberto Stasi, le unghie sono state sottoposte a un secondo esame, utilizzando un metodo di lavaggio che ha prodotto risultati incerti.
Nel 2016, un’analisi effettuata dai genetisti Fabbri e Linarello, su richiesta dei legali di Stasi, ha evidenziato la presenza di DNA riconducibile a un certo Andrea Sempio. Questa conclusione, però, era stata respinta durante la prima archiviazione. Oggi, la Procura di Pavia sembra convinta che le unghie di Chiara possano contenere tracce di DNA dell’indagato, un elemento che potrebbe cambiare le sorti dell’inchiesta.
L’impronta 33
Un altro reperto di interesse è l’impronta numero 33, rinvenuta sulla parete delle scale, sopra il corpo di Chiara. Secondo la relazione numero 3306, questa impronta era stata testata con diversi metodi, ma i risultati erano stati considerati dubbi. Recentemente, grazie a tecniche più avanzate, l’impronta è stata giudicata “utile” e confrontata con il palmo della mano destra di Andrea Sempio. Sorprendentemente, le due impronte combaciano per quindici minuzie, e ulteriori indagini sono in corso per determinare se il materiale biologico presente possa essere sangue della vittima, il che rappresenterebbe una prova schiacciante contro il presunto killer.
La traccia 10
Un altro reperto significativo è la traccia 10, un “contatto papillare” insanguinato trovato sulla porta di casa. Questo reperto era stato evidenziato dai Ris con luce UV e fotografato, ma presenta solo otto minuzie, insufficienti per una comparazione con le impronte palmari. Tuttavia, gli esami biologici potrebbero rivelarsi determinanti e fornire nuove piste da seguire.
Le fascette paradesive
Tra i documenti del processo sono state rinvenute 60 fascette paradesive mai analizzate. Questi oggetti potrebbero contenere il DNA di chi si trovava nella villetta al momento del delitto, un elemento che potrebbe rivelarsi cruciale per le indagini.
La spazzatura in cucina
Un altro aspetto interessante riguarda il sacco della spazzatura trovato in cucina. All’interno, sono state scoperte due vaschette di Fruttolo, una confezione di Estathè e persino una banana in decomposizione. Questi reperti, abbandonati per diciotto anni nello scantinato del tribunale, non sono mai stati analizzati e potrebbero contenere profili biologici utili. La polizia scientifica di Milano si prepara a eseguire nuovi test per estrarre eventuali profili.
La “prova inservibile” dell’ex pm
Nel frattempo, l’ex procuratore di Pavia, Mario Venditti, ha finalmente rotto il silenzio per difendere il suo operato. Venditti ha spiegato di aver richiesto l’archiviazione del caso, ritenendo che le prove scientifiche fossero “inservibili e infruttuose”. La sua decisione è stata influenzata dalla mancanza di riscontri oggettivi alle presunte anomalie delle indagini precedenti, che avevano portato alla condanna di Alberto Stasi a 16 anni di reclusione.
Con questi nuovi sviluppi, il caso di Garlasco si riaccende, e l’attenzione degli inquirenti si concentra su elementi che, fino a oggi, erano stati trascurati. La speranza è che questi reperti possano finalmente portare a una verità che, per troppo tempo, è rimasta sepolta nell’ombra.