“Un film che analizza la violenza attraverso una narrazione profonda e senza crudeltà”

ALT: "Analisi della violenza in un film profondo e senza crudeltà"
scopri come un film del 2025 esplora la violenza con una narrazione profonda e priva di crudeltà, offrendo una riflessione unica sul tema

“Non è un film violento, ma sulla violenza.” Con queste parole incisive, Alessandro Gassmann riesce a catturare l’essenza di Mani nude, l’ultima creazione di Mauro Mancini, ispirata all’omonimo romanzo di Paola Barbato. Dopo il suo debutto al Milano Film Festival, il film sarà proiettato nelle sale cinematografiche a partire dal 5 giugno 2025. Durante la prima romana, tenutasi lo scorso autunno, ha ricevuto un caloroso applauso di sette minuti, segno tangibile dell’impatto che ha avuto sul pubblico. In un’epoca in cui la società sembra sempre più incline all’aggressività e alla confusione tra verità e percezione, Mani nude offre una riflessione profonda sulle cause e le manifestazioni della violenza.

La disumanizzazione come processo

Il concetto centrale che pervade Mani nude è senza dubbio “disumanizzazione”. Gassmann descrive come il suo personaggio, Minuto, un carceriere e allenatore, richiedesse una totale assenza di empatia. “Togliere empatia alla mia persona è difficile… guardavo le persone senza espressione e facevo paura. Pensavo allo squalo, che non ha espressione.” Questo percorso attoriale ha rappresentato per Gassmann una sfida significativa, distaccandolo dalla sua natura personale e professionale.

Mauro Mancini, regista del film, ha già affrontato il tema dell’odio in opere precedenti, come Non odiare. La sua ricerca va oltre la narrazione, abbracciando anche una valenza antropologica. Mancini ha trovato ispirazione nella fotografia di Wim Wenders, in particolare nel film Paris, Texas, per dare vita a una visione radicale della violenza e delle sue radici.

Il corpo come campo di battaglia

Per Francesco Gheghi, che interpreta Davide, Mani nude rappresenta l’esperienza più intensa della sua carriera. Dopo aver interpretato Romeo, non si aspettava di affrontare una sfida così impegnativa. La preparazione fisica e l’intensità emotiva richieste dal ruolo sono state straordinarie. “Quando sono normale ho paura,” confessa Gheghi, ma sul set ha trovato un compagno di viaggio in Gassmann, che non è solo un collega, ma anche un mentore.

Il film esplora il corpo in tutte le sue trasformazioni e resistenze. Gheghi scherza dicendo: “Possiamo dire che siamo i Christian Bale italiani,” evidenziando il lavoro fisico e la disciplina che entrambi hanno dovuto affrontare per interpretare i loro ruoli.

Un sistema produttivo fuori dagli schemi

Mancini sottolinea un aspetto cruciale: senza il supporto dei produttori, il film non sarebbe stato realizzabile. “In Italia non è scontato che si permetta a un regista di fare tre mesi di preparazione atletica e nutrizionale,” afferma. Questo approccio, quasi americano, ha visto Gheghi aumentare il suo peso in modo controllato, mentre Paolo Madonna ha rinunciato al suo aspetto “da Hagrid” per adattarsi al ruolo. Tutti, compreso Gassmann, hanno lavorato con una disciplina straordinaria.

Il produttore del film evidenzia che Mani nude non può essere facilmente catalogato in un genere specifico, rappresentando una novità nel panorama cinematografico italiano. Medusa ha riconosciuto il valore di questo progetto, garantendo una distribuzione che coprirà 250 sale in tutta Italia.

La potenza del suono in “Mani nude”

“Credo fortemente che il cinema sia suono,” afferma Mancini. Per questo motivo, ha scelto Dardust per la colonna sonora, un artista noto per aver collaborato con nomi come Giorgia e Marracash. La sua visione del suono è totalizzante; il regista ha persino chiesto al team di registrare il suono di una nave vuota, considerandola un organismo vivente. La musica non sovrasta il racconto, ma si integra perfettamente con il mondo diegetico, creando un’atmosfera corporea e palpabile.

Un film che attraversa il corpo e il tempo

Paola Barbato, l’autrice del romanzo, riflette su come la sua storia abbia avuto molteplici vite. “È bello vederla evolvere attraverso gli attori,” dice. La narrazione si trasforma, proprio come i corpi e le esperienze dei personaggi. Davide non è solo una vittima di un rapimento, ma un simbolo di un sistema e di un conflitto. Come sottolinea Gheghi, è necessaria “una rieducazione della figura maschile” in una società in continua evoluzione.

Contro la passività del contenuto

“Quello che secondo me è pericoloso è la percezione che noi abbiamo. Subiamo dei contenuti invece che rifletterci,” avverte Mancini, sottolineando l’urgenza del messaggio del film. Secondo lui, l’essere umano deve essere conflittuale e generare dibattito. È proprio da questo disaccordo che può emergere una terza via, una possibilità che oggi gli algoritmi sembrano negare.

Mani nude non propone una giustizia fai-da-te né giustifica la violenza; piuttosto, la mostra per quello che è, incidendo nel corpo degli attori, nei suoni e nella fotografia. Il film lascia emergere un mondo dove il dolore non viene sublimato, ma attraversato, lasciando segni indelebili.

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