Un team di ricercatori dell’Università di Chicago ha raggiunto un traguardo senza precedenti nel campo del calcolo quantistico, riuscendo a trasformare una proteina vivente in un qubit. Questo risultato rappresenta una pietra miliare nella convergenza tra biologia e fisica quantistica, segnando la prima volta che un componente biologico viene impiegato come unità quantistica operativa. L’esperimento, pubblicato nel 2025, ha catturato l’attenzione della comunità scientifica, poiché mette in discussione l’idea che questi due ambiti siano separati e incompatibili.
A differenza dei qubit tradizionali, che necessitano di condizioni di laboratorio estremamente fredde e controllate, il qubit proteico sviluppato dal gruppo di scienziati è capace di mantenere la propria “coerenza quantistica” anche in ambienti caldi e rumorosi, come quelli presenti all’interno di una cellula vivente. Questa innovazione apre nuove prospettive per l’applicazione della tecnologia quantistica in contesti biologici.
La genesi del qubit proteico
Il team ha fatto uso dell’EYFP (enhanced yellow fluorescent protein), una proteina comunemente utilizzata in biologia per monitorare i processi cellulari. La trasformazione di questa proteina in un qubit è stata una vera e propria rivoluzione. Gli scienziati sono riusciti a manipolare lo stato del qubit proteico tramite microonde, riuscendo a inizializzarlo e a leggerne le condizioni attraverso segnali luminosi. Questo approccio innovativo ha dimostrato che fenomeni quantistici possono manifestarsi anche all’interno della vita stessa, un concetto che fino a poco tempo fa sembrava inimmaginabile.
David Awschalom, uno dei leader del progetto, ha dichiarato: “Non abbiamo cercato di forzare un sensore quantistico artificiale in un contesto biologico, ma abbiamo scelto di partire dalla biologia stessa per costruire un qubit.” Questa affermazione sottolinea l’approccio radicalmente nuovo adottato dal team, che potrebbe rivoluzionare il nostro modo di concepire i materiali quantistici.
Le implicazioni future
Sebbene il qubit proteico non sia ancora competitivo con i sistemi quantistici in diamante più avanzati, presenta un vantaggio unico: può essere geneticamente codificato all’interno delle cellule. Questo potrebbe aprire la strada a sensori quantistici in grado di osservare la materia vivente dall’interno, un’innovazione che potrebbe trasformare il campo della biomedicina. Secondo i ricercatori, in futuro questo strumento potrebbe consentire di osservare in tempo reale fenomeni fondamentali, come il ripiegamento delle proteine o le prime fasi di malattie degenerative.
In prospettiva, le proteine-qubit potrebbero persino dar vita a una sorta di risonanza magnetica quantistica su scala nanometrica, capace di fornire immagini dettagliatissime della struttura atomica delle cellule. Peter Maurer, co-investigatore del progetto, ha evidenziato come questa innovazione rappresenti un cambiamento radicale nel design dei materiali quantistici, aprendo la strada a nuove applicazioni e scoperte.
Il dottorando Benjamin Soloway, parte integrante del team, ha sottolineato che siamo di fronte a un momento di svolta: il confine tra fisica quantistica e biologia si sta dissolvendo, promettendo un futuro in cui le due discipline possano collaborare in modi fino ad ora inimmaginabili.