Un gruppo di dipendenti e attivisti ha organizzato una manifestazione di protesta nel cuore del campus di Microsoft a Redmond, Washington, per esprimere la loro opposizione alla collaborazione dell’azienda con il Ministero della Difesa israeliano. La piazza centrale del campus è stata trasformata in un simbolico accampamento di protesta, ribattezzato “The Martyred Palestinian Children’s Plaza” e dichiarato “Liberated Zone”. Durante l’evento, i manifestanti hanno esposto cartelli e opere artistiche in memoria delle vittime del conflitto a Gaza, incluso un grande piatto con la scritta “Stop Starving Gaza”. Un tavolo è stato allestito con un messaggio chiaro per i dirigenti di Microsoft: “venite al tavolo” per discutere la cessazione della collaborazione con l’esercito israeliano.
Hossam Nasr, ex dipendente di Microsoft e uno degli organizzatori della manifestazione, ha preso la parola al microfono, affermando: “Siamo qui perché da oltre ventidue mesi di genocidio, Israele — alimentato da Microsoft — sta uccidendo e mutilando bambini palestinesi ogni ora”. Dopo circa un’ora di protesta, la polizia di Redmond è intervenuta, chiedendo ai manifestanti di allontanarsi dall’area considerata proprietà privata. I partecipanti hanno quindi smontato le tende e si sono spostati su un marciapiede adiacente, che gli organizzatori hanno definito area pubblica.
Le accuse dei manifestanti e le risposte dell’azienda
Il gruppo No Azure for Apartheid, attivo da oltre un anno, chiede con insistenza la fine di ogni rapporto tra Microsoft e Israele. Gli attivisti sostengono che i servizi di cloud e intelligenza artificiale forniti dall’azienda stiano contribuendo a operazioni militari che hanno causato migliaia di vittime civili a Gaza. In un documento diffuso durante la protesta, intitolato “We will not be cogs in the Israeli genocidal machine: a call for a Worker Intifada”, si invitano i lavoratori di Microsoft a “parlare, scioperare, protestare e abbandonare i propri incarichi” fino alla cessazione dei contratti con Israele. Il documento richiede anche riparazioni per i palestinesi e garanzie di protezione per i dipendenti impegnati in attività di advocacy pro-Palestina.
Negli ultimi mesi, alcuni lavoratori sono stati licenziati per aver organizzato eventi non autorizzati o per aver interrotto discorsi di dirigenti di alto livello, come il CEO Satya Nadella e il responsabile AI Mustafa Suleyman. Gli attivisti hanno anche denunciato che Microsoft avrebbe iniziato a bloccare email interne contenenti parole come “Palestine”, “Gaza” o “apartheid”.
Microsoft, dal canto suo, ha dichiarato in un post pubblicato a maggio di non aver trovato “alcuna evidenza” che i suoi servizi Azure o di intelligenza artificiale siano stati utilizzati per colpire civili a Gaza. Tuttavia, l’azienda ha ammesso di fornire software, servizi cloud, traduzione linguistica e cybersecurity al Ministero della Difesa israeliano e ad altri governi della regione.
La revisione indipendente sui rapporti con Israele
La crescente pressione da parte di attivisti e media ha portato Microsoft ad annunciare, la scorsa settimana, l’avvio di una revisione indipendente. Questa decisione è stata presa dopo le inchieste condotte dal Guardian insieme a +972 Magazine e Local Call, che hanno rivelato come l’unità 8200 delle forze di difesa israeliane avrebbe utilizzato server Azure per archiviare milioni di telefonate di cittadini palestinesi di Gaza e Cisgiordania, dati utilizzati per guidare operazioni militari.
Microsoft ha dichiarato: “Apprezziamo che il recente report del Guardian sollevi nuove e precise accuse che meritano una revisione completa e urgente”. L’azienda ha precisato che l’uso descritto violerebbe i termini standard di servizio. La verifica è stata affidata allo studio legale Covington & Burling LLP, e i risultati saranno resi pubblici.
Tuttavia, gli attivisti hanno definito l’annuncio un “mero stratagemma dilatorio”. Abdo Mohamed, un altro organizzatore del movimento, ha affermato che “l’inchiesta urgente di Microsoft non è altro che una tattica per guadagnare tempo”, sottolineando che è stato licenziato nei mesi scorsi per aver partecipato a una veglia non autorizzata.
Una protesta che richiama i campus universitari
Le modalità di protesta a Redmond si ispirano agli accampamenti universitari che, dall’inizio del conflitto, hanno attraversato oltre cento campus statunitensi, da Columbia in poi, chiedendo disinvestimenti da Israele e dai produttori di armi americani. Il movimento interno a Microsoft intende mantenere alta la pressione, anche attraverso manifestazioni visibili durante gli eventi pubblici organizzati dall’azienda.
Nei mesi scorsi, le azioni di protesta hanno raggiunto momenti di forte tensione, come durante la conferenza Build a Seattle, quando alcuni manifestanti hanno tentato di forzare un ingresso del convention center, venendo respinti dalla polizia con l’uso di spray urticanti. Anche in occasione del cinquantesimo anniversario dell’azienda, proteste e interruzioni hanno segnato gli interventi dei dirigenti.
Nonostante i licenziamenti e le contestazioni interne, il movimento No Azure for Apartheid afferma di voler continuare la mobilitazione. Hossam Nasr ha dichiarato: “In un momento dicono che la loro tecnologia non è usata per danneggiare le persone a Gaza, e nello stesso respiro ammettono di non avere alcuna visibilità sull’uso che ne viene fatto. Questa contraddizione non può essere ignorata”.