Emanuele De Maria: dall’esempio di riabilitazione a un omicidio-suicidio, parla la criminologa.

"Immagine di Emanuele De Maria, caso di riabilitazione e omicidio-suicidio, analizzato dalla criminologa."
Emanuele De Maria, un caso di riabilitazione che si trasforma in omicidio-suicidio: analisi della criminologa sul drammatico evento del 2025

Il caso di Emanuele De Maria ha tenuto l’Italia con il fiato sospeso per due giorni, con un epilogo tragico che ha scosso l’opinione pubblica. Questo 35enne, detenuto nel carcere di Bollate, aveva ricevuto dei permessi per lavorare in un hotel, ma la sua esistenza ha preso una piega drammatica e violenta. Dopo aver ucciso la collega Chamila Wijesuriya, De Maria ha scelto di togliersi la vita lanciandosi dal Duomo di Milano, lasciando dietro di sé un’altra vittima, Hani Nasr, ferito durante l’attacco. Gli inquirenti hanno subito identificato la gelosia come il movente principale di questa tragedia. La criminologa Roberta Catania ha fornito un’analisi dettagliata della situazione ai microfoni di *Virgilio Notizie*.

La tragedia: dalla gelosia ai delitti

La vicenda ha avuto inizio con la scomparsa di Emanuele De Maria, impiegato alla reception dell’hotel Berna di Milano dal 2023. Il 9 maggio, dopo aver accoltellato un collega, è fuggito, mentre le telecamere del parco Nord lo riprendevano insieme a Chamila, una donna di 50 anni, anch’essa dipendente dell’hotel. Entrambi sono svaniti nel nulla, ma il loro destino si è rivelato tragico.

Il ritrovamento della donna e il suicidio

Domenica 11 maggio, il dramma ha raggiunto il culmine. De Maria si è lanciato dalla terrazza del Duomo di Milano, sotto gli sguardi increduli di turisti e cittadini. Nelle stesse ore, il corpo di Chamila è stato rinvenuto, con evidenti segni di violenza. Gli investigatori hanno stabilito che la donna era morta poco prima del suicidio di De Maria, intorno alle 15:30 dello stesso giorno.

Chi era Emanuele De Maria

La vita di Emanuele De Maria è segnata da un passato oscuro. Condannato a 14 anni per l’omicidio di una prostituta tunisina, la pena gli è stata ridotta a 12 in appello. Dopo aver trascorso due anni da latitante in Sassonia, è stato catturato e ha scelto il rito abbreviato, con l’esclusione di aggravanti come premeditazione e crudeltà. La sua detenzione è iniziata in vari istituti penitenziari, da Secondigliano a Rebibbia, fino a Bollate.

Dall’omicidio al suicidio

Negli ultimi due anni, De Maria aveva ottenuto permessi per lavorare durante il giorno, tornando in carcere la sera. Era considerato un detenuto modello, ma la sua vita ha preso una piega fatale. Prima di compiere l’omicidio, ha utilizzato il cellulare di Chamila per contattare la madre e la cognata, chiedendo loro perdono e ammettendo di aver commesso una “cavolata”.

Il movente

Il cellulare di Chamila è stato rinvenuto in un cestino della spazzatura, un dettaglio inquietante. Il marito della donna aveva avvertito Chamila di stare attenta a De Maria, sottolineando il suo passato violento. La gelosia sembra essere il motore di questa follia: De Maria, infatuato di Chamila, non ha tollerato l’idea che lei potesse avere una relazione con un altro collega.

L’intervista a Roberta Catania

Roberta Catania ha analizzato il caso, suggerendo che la gelosia di De Maria potrebbe essere stata alimentata dalla paura di perdere Chamila, specialmente se lei avesse voluto interrompere la loro relazione. Ha notato similitudini tra questo caso e l’omicidio precedente di De Maria, evidenziando un possibile schema comportamentale. La criminologa ha anche sollevato interrogativi sul sistema di giustizia e sulla valutazione dei detenuti, suggerendo che la mancanza di risorse potrebbe portare a valutazioni superficiali e a situazioni di pericolo.

In un contesto in cui la riabilitazione e il reinserimento sociale sono fondamentali, la storia di Emanuele De Maria solleva interrogativi inquietanti sulla sicurezza e sulla capacità del sistema di gestire detenuti con un passato violento.

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