Il Festival di Cannes del 2025 ha aperto le sue porte in modo sorprendente, presentando un’opera che porta con sé un’eredità significativa. Si tratta di “Enzo”, il film diretto da Robin Campillo, che ha avuto l’onore di inaugurare la Quinzaine des cinéastes, una delle sezioni più attese della manifestazione. Questo lungometraggio non è solo un’opera cinematografica, ma un omaggio a Laurent Cantet, il regista scomparso nel 2024, noto per aver vinto la Palma d’oro nel 2008 con “La classe”.
Un progetto di eredità
La trama di “Enzo” affonda le radici nel lavoro di Cantet, che aveva già delineato il soggetto prima della sua prematura scomparsa. Campillo, suo collaboratore di lunga data e regista di opere come “120 battiti al minuto”, ha preso in mano il progetto e lo ha portato a termine. La pellicola è, quindi, un’opera a quattro mani, con il nome di Cantet in apertura, ma la visione di Campillo emerge chiaramente. Le atmosfere e le tematiche tipiche del cinema di Cantet, come il conflitto generazionale e il disagio sociale , si intrecciano con il tocco personale del nuovo regista.
Il protagonista, Enzo, è un adolescente in crisi, in rotta con la sua famiglia borghese. Invece di seguire le aspettative paterne, decide di lavorare come muratore, sviluppando un legame speciale con un collega ucraino. La narrazione inizia come un racconto individuale, ma si evolve in una riflessione universale sul disagio giovanile , esplorando le tensioni tra serenità apparente e conflitto interiore.
Troppa carne al fuoco
Tuttavia, “Enzo” non è privo di critiche. La pellicola affronta una serie di temi complessi, ma rischia di non approfondirli adeguatamente, lasciando lo spettatore con una sensazione di incompletezza. La scrittura dei personaggi è solida, ma mancano quei colpi di scena che avrebbero potuto rendere l’esperienza più coinvolgente. Alcuni film, come quelli di André Téchiné, vengono in mente per la loro capacità di esplorare simili tematiche con maggiore incisività.
Nonostante ciò, il cast offre performance notevoli, con una menzione speciale per Pierfrancesco Favino, che interpreta il padre di Enzo. La sua interpretazione intensa riesce a lasciare un’impronta duratura nel cuore degli spettatori.
L’interêt d’adam
Parallelamente, la Semaine de la Critique ha aperto con “L’intérêt d’Adam”, un’opera della regista belga Laura Wandel, già nota per “Il patto del silenzio”. La storia ruota attorno ad Adam, un bambino di quattro anni ricoverato per denutrizione, accompagnato dalla madre in un contesto di grande tensione emotiva. Wandel, con il suo stile distintivo, riesce a creare un’atmosfera claustrofobica, mantenendo alta l’attenzione dello spettatore.
La regista si avvicina ai personaggi con la videocamera, creando un legame intimo e coinvolgente. Sebbene alcuni passaggi possano apparire forzati, l’insieme risulta efficace, affrontando tematiche etiche e morali con grande sensibilità. Le due attrici protagoniste, Léa Drucker e Anamaria Vartomolei, offrono interpretazioni di alto livello, affrontando ruoli complessi con grande maestria.
In questo contesto, il Festival di Cannes del 2025 si conferma un palcoscenico di grande rilevanza per il cinema contemporaneo, capace di dare voce a storie profonde e significative.