Il Tribunale di Treviso ha recentemente emesso una sentenza che ha suscitato ampio dibattito: un marito è stato condannato a versare 10 mila euro all’ex moglie per i danni morali derivanti da un tradimento che ha avuto ripercussioni anche sul suo ambiente lavorativo. La decisione, pubblicata il 17 febbraio 2025, evidenzia come l’infedeltà possa oltrepassare la sfera privata, generando pettegolezzi e umiliazione, e come questo possa giustificare un risarcimento per danno non patrimoniale.
Un tradimento che colpisce doppio
I protagonisti di questa vicenda sono una coppia che condivideva non solo la vita sentimentale, ma anche quella professionale, gestendo insieme una scuola di ballo. La situazione si è complicata ulteriormente poiché, durante il periodo del tradimento, stavano cercando di avere un figlio, un progetto che rendeva la loro relazione particolarmente vulnerabile.
Il marito ha tradito la moglie con una giovane allieva della scuola, e le “attenzioni particolari” che riservava alla ragazza non sono passate inosservate. Questo ha innescato un vero e proprio gossip tra i frequentatori della scuola, portando a una violazione della privacy della donna e causando una profonda mortificazione. La prova del tradimento è emersa in modo inaspettato: un biglietto compromettente trovato nella biancheria ha confermato i sospetti.
Il Tribunale ha riconosciuto che l’afflizione subita dalla moglie ha superato la normale soglia di tollerabilità, ledendo diritti fondamentali come l’onore, la dignità personale e la salute. Sebbene in una precedente sentenza di separazione fosse già stato accertato l’addebito della separazione al marito per infedeltà, la richiesta di risarcimento era stata inizialmente dichiarata inammissibile.
Risarcimento per umiliazione e discredito
La decisione del Tribunale ha accolto la richiesta dell’ex moglie, stabilendo un risarcimento di 10 mila euro ai sensi dell’articolo 1226 del Codice Civile, che consente la liquidazione equitativa del danno quando non è possibile provare il suo ammontare esatto. Questo risarcimento è stato concesso in considerazione dell’umiliazione e della mortificazione subite dalla donna, che ha visto il suo onore messo a repentaglio in un ambiente di lavoro condiviso.
Il gossip che si era diffuso ha avuto un impatto devastante, contribuendo non solo alla rottura del matrimonio, ma anche al deterioramento del rapporto professionale con il marito. In un tentativo di difesa, l’uomo ha sostenuto di aver coperto debiti aziendali per 18 mila euro e che la moglie si sarebbe presto consolata con un nuovo compagno. Tuttavia, il Tribunale ha respinto queste argomentazioni, ribadendo l’importanza di risarcire il discredito subito dalla donna nel contesto lavorativo.
Il danno da tradimento e le tabelle milanesi
Un aspetto interessante emerso dalla sentenza riguarda la quantificazione del danno. Il Tribunale ha chiarito che non è stato possibile applicare le tradizionali tabelle milanesi, solitamente utilizzate per la liquidazione del danno da perdita parentale o per diffamazione tramite media. L’illecito endofamiliare, ovvero quello commesso all’interno della famiglia, non può essere equiparato a queste fattispecie. Le tabelle milanesi sono state concepite per contesti differenti e non riflettono le specificità del danno derivante da un tradimento che si consuma in un delicato equilibrio tra vita coniugale e professionale.
La liquidazione del danno, quindi, ha richiesto una valutazione personalizzata, basata sull’equità del giudice, per tenere conto delle dinamiche particolari di questa situazione. La sentenza di Treviso si pone come un importante precedente, evidenziando come l’infedeltà possa avere conseguenze ben oltre la sfera privata, influenzando anche la vita professionale e sociale dei coinvolti.